Panama 2011

Gennaio 2011 – estratto da “Destination South”

David City, Panama

Al risveglio, prendo una tazza di tea e vago un po’ per la struttura, interamente viola. La proprietaria, Andrea, una newyorkese, si è presa cura che, oltre alle mura esterne, tutto all’interno della struttura fosse del medesimo colore, dalle lenzuola ai muri, dagli armadietti agli utensili da cucina, dai ventilatori alla segnaletica, insomma pare di stare nella casa di un tifoso sfegatato della Fiorentina.

La presenza della piccola Cute-Si, una cagnolina nera che scorrazza libera per le stanze, fa sembrare l’ostello più simile ad una casa che ad una struttura ricettiva.

All’esterno le strade sono inizialmente molto silenziose, finché non arriva un po’ di traffico ed allora si trasformano in un’incessante coro di clacson. Il centro sembra distante rispetto all’ostello ma in realtà ci vogliono meno di dieci minuti di cammino.

L’unico problema è il clima! oltre alla temperatura sui trenta gradi, il livello di umidità è veramente alto, è comune trovare signore che camminano con ombrelli per proteggersi dal sole.

David City è indicata come la terza città del Panama, anche se sembra più un paesello di provincia, con la sola differenza che nel centro si possono trovare circa una decina di banche in tre isolati e addirittura la sede di un’assicurazione italiana.

Dopo aver dato un’occhiata alla Casa del Gobierno e all’edificio giallo del Ferro Carril arrivo fino al Parque de Cervantes, dove c’è la cattedrale.

Chiedo un po’ d’informazioni alla gente del luogo, e mi viene risposto un po’ da tutti che bene o male le attrattive di questa città sono queste.

Torno allora alla base e mi rilasso leggendo un po’. Come pensavo questa tappa è servita per staccare dalla Costa Rica ed iniziare ad abituarmi al Panama, che a prima vista sembra un sobborgo degli Stati Uniti visto che la moneta è il dollaro ma in cui si parla spagnolo.

 

Lasciato l’ostello tutto viola di David salgo su un taxi guidato da un vecchietto che durante il tragitto parla uno spagnolo che comprendo solo in parte, ma continuo ad annuire e sorridere, poi carica una signora ed inizia a parlare con lei. Arrivato al terminal mi fa perdere dieci minuti in giro dicendo di non avere il resto che poi miracolosamente si materializza quando viene minacciato dagli autisti dei bus.
L’autobus per Boquete è uno scuola bus americano di qualche anno fa, con alcune opportune modifiche interne ed esterne per il nuovo utilizzo. Il percorso di una quarantina di chilometri è su un’unica strada a due corsie, ben asfaltata ma con numerosi lavori in corso, ai lati la vegetazione dapprima selvaggia lascia spazio a pascoli e campi. Avvicinandosi al paesino sbucano qui e li villette e piccole case indipendenti a due piani, tutte ben curate e con grandi giardini, spesso collegati ai boschi retrostanti.
Poco prima di giungere a destinazione il ragazzo che aiuta l’autista passa a ritirare $1,40 per persona. L’autobus termina la sua corsa nella piazza centrale del piccolo paese montano e l’ostello Mamallena si trova ad una ventina di metri.

boquete, panama

Sulla guida viene descritta come cittadina alpina ed in effetti camminando per le viuzze, respirando l’aria fresca, guardando le abitazioni ed il fiume che scorre parallelo alla via principale ho un po’ l’impressione di essere tra le mie amate montagne. Oltre al clima lievemente più caldo ed umido, ma pur sempre piacevolmente fresco trovandosi a 1060 metri di altitudine, mi ricordo di essere in centro America per l’elevato numero di persone che affollano le strade tra cui molte donne in tradizionali abiti colorati. Il centro è veramente piccolo e raccolto e l’ostello, situato appunto nella piazza centrale, è nella posizione migliore desiderabile. Ci sono vari ristoranti e buffet dove è possibile pranzare e cenare con appena tre dollari a pasto e questo mi fa rinunciare a far la spesa e cucinare da me, nonostante ci siano supermercati forniti di tutto ciò che si possa desiderare.
Inizio a pensare che non sia una coincidenza ma quasi un mio potere magico, visto che per la quarta volta mi trovo in una città nel bel mezzo di uno degli eventi più importanti dell’anno. Si svolge infatti dal 13 al 23 gennaio la Feria de las flores y cafè, un’esposizione delle coltivazioni di fiori e caffè delle zone attigue, a dire il vero un po’ sopravvalutata. Dove si svolge? proprio al di là del ponte, quindi a meno di un centinaio di metri.

Cascada Escondida

Boquete ovviamente non è solo fiori e caffè. Con Marcello, un ragazzo italiano che vive ormai da dieci anni in Australia, ci avventuriamo verso la Cascada Escondida. Saliamo inizialmente sul minibus sbagliato che in venti minuti ci riporta alla piazza centrale. Al secondo tentativo troviamo invece il mezzo giusto che, dopo aver caricato persone e pacchi, si dirige a nord ovest, lasciandoci in prossimità del Sendero Los Quetzales, che purtroppo non è percorribile in alcuni tratti.
Impieghiamo quaranta minuti a percorrere il percorso di circa tre chilometri che invece porta alla cascata, sormontato da alti alberi, scavalcando più volte il fiumiciattolo che attraversa la foresta, dove possibile saltando da un sasso all’altro, in altri punti servendosi degli instabili ponti predisposti.
Arrivati in prossimità della cascata il fondo si fa ancora più fangoso, scavalchiamo le ultime rocce e ci piazziamo proprio in prossimità del minuscolo lago dove si tuffa il getto d’acqua. Fatte le foto di rito riprendiamo la marcia per il ritorno, verso metà percorso ci fermiamo a giocare con delle liane estremamente elastiche e giungiamo alla piccola casupola che fa da fermata del minibus poco prima che una sottilissima pioggia inizi a cadere sulla vallata.
Una sosta nello storico Bistrot Boquete, una struttura risalente al 1800, dove notiamo che anche i suoi clienti sembrano della stessa epoca.

Cascada San Ramon

A tre chilometri di distanza dall’inizio del sentiero che porta alla cascada Escondida, si trova la cascada San Ramon che è invece ben visibile dalla strada. Il percorso è quindi lo stesso con uno dei minibus che partono un isolato a nord della piazza centrale.
La cascata ha una portata d’acqua maggiore della precedente, ma un po’ meno fascino. Sempre con Marcello percorriamo la strada, circa otto chilometri, per tornare fino a Boquete. Durante il tragitto, tutto in discesa, ci fermiamo per osservare il paesaggio intorno al fiume, alcune piantagioni di caffè e le modeste case delle persone del luogo. Avvicinandosi poi a Boquete ci sono le frazioni di Los Naranjos e Los Cabezos con invece case un po’ più carine e villette ben curate.

Un piccolo inconveniente causato dal lavaggio delle pareti esterne dell’ostello fa si che l’acqua penetri nella camerata e inzuppi per bene il fondo del mio zaino poggiato sul pavimento, fortunatamente senza bagnare minimamente il contenuto, lo svuoto di tutto e lo affido ai gentili Mitsi e Mathias che lo mettono nell’asciugatrice.
Nei momenti di relax ho avuto modo di calcolare tempi e costi necessari per raggiungere il Perù, con barche ed autobus passando per Colombia ed Ecuador. Credo andrò a Panama City, mi fermerò ad aspettare Robin e Ana per salutarli e, se nel frattempo non avrò trovato un passaggio a bordo di una nave commerciale, dovrò rompere la regola del muovermi solo via terra e mare e prendere un aereo. Le tariffe sono di circa $500 ma il tempo di percorrenza è limitato a poco più di tre ore in luogo di circa due settimane. Purtroppo gli ipotetici giorni a disposizione per il mio viaggio iniziano a diventare pochi in relazione alle cose che vorrei riuscire a vedere prima di tornare.

Aspetto che mi venga restituito lo zaino, rimetto tutto dentro e mi preparo per la mia ultima notte in questo piacevole paesino.

A Boquete mi risveglio con i polpacci pietrificati, la lunga camminata in discesa dalla cascata al centro urbano si sta prendendo la sua rivincita. Ci va una mezz’oretta perché tutto torni alla normalità, dopo di ché scuolabus verso David, solita confusione alla stazione degli autobus, biglietto da  $15,00 per il servizio espresso in partenza alle tredici verso Panama City.

 

 

Panama City, Panama

Il terminal degli autobus Albrook è veramente enorme e l’ostello Panama by Luis che ho scelto, visto che il Mamallena è completo, si trova esattamente dall’altra parte della città nella zona residenziale di Coco del Mar. 

I grattacieli di punta Plaitilla si allungano verso la luna, completamente piena, senza riuscire a toccarla. 

Non essendo riuscito a reperire una mappa della città decido di disegnarne una bozza servendomi della guida che ho sul computer.

Le attrazioni della capitale si sviluppano tutte sul lato costiero, partendo dal canale all’estremo ovest per finire a Panama Viejo all’estremo est, e l’autobus con l’indicazione Ruta 2 percorre tutto il tragitto che costeggia il mare.

La prima tappa è Panama Viejo, la più vicina da raggiungere a piedi, sono necessari tra i quindici ed i venti minuti, seguendo l’Avenida Cincuentenario verso est. Non ho considerato però il problema del caldo, umido ed insopportabile. Della Panama dei tempi dei pirati e delle razzie di Henry Morgan non rimane molto, si riesce a vedere qualcosa della torre di pietra della cattedrale, il convento di Santo Domingo ed infine il Puente del Rey.

Avendo impiegato meno tempo del previsto decido di dirigermi dalla parte opposta, all’estremo ovest, dove si trova il quartiere di San Felipe, meglio conosciuto come Casco Viejo. 

Gli autobus anche qui sono dei vecchi scuolabus americani, ma interamente personalizzati dai vari conducenti con aerografie, luci, tendine e quant’altro. Ogni corsa costa un quarto di dollaro e le fermate si richiedono gridando ‘parada’.

Seguendo le indicazioni di Luis sarei dovuto scendere alla vista del Mercado de Mariscos ma l’autobus è affollatissimo e non mi è possibile guardare fuori. Non è stato difficile comunque capire quando era il momento giusto, visto il forte odore di pesce entrato prepotentemente dai finestrini. 

Nonostante la mia mappa artigianale non riesco subito ad orientarmi, ma una volta trovata l’Ave. Central mi viene in aiuto il punto di riferimento che preferisco, quello che è impossibile da smuovere, l’oceano!

Cammino tra la confusione della trafficata via centrale tra gli odori e soprattutto i malodori. Si vedono alcune donne Kuna con il piercing al setto nasale ed i particolari bracciali di perline colorate a disegni geometrici che coprono praticamente tutta la zona dalla caviglia fino al ginocchio. 

Mi trovo in un vero e proprio mix di edifici decadenti in forte contrasto con quelli storici che invece sono in perfetto stato di conservazione. Incontro dapprima la Iglesia de la Merced per poi giungere, in un paio di isolati, alla cattedrale Iglesia de San Josè, su Plaza de La Independencia dove si affacciano i musei del Canal e de la Historia. Proseguendo si arriva al Parque Bolivar con l’omonimo Palacio Bolivar attaccato all’imponente Iglesia De San Francisco, a sua volta di fronte al Teatro Nacional.

La piccola sporgenza di roccia e terra di Casco Viejo termina con il Paseo la Bovedas che porta in Plaza de Francia. Voltandosi indietro si ha un’ottima visuale di tutti i grattacieli e della costa, mentre di fronte sfilano le imbarcazioni che attendono il permesso di accedere al Canale. 

Al ritorno scendo dall’autobus prima del previsto e giro un po’ tra la zona dei grattacieli di Bella Vista e Punta Plaitilla dove ci sono i grandi alberghi, gli uffici delle società e le banche. 

L’attrazione principale di Panama, a mio avviso resta però il canale. Autobus fino al Terminal Albrook, solita confusione, chiedo ad un paio di addetti alle informazioni e trovo finalmente il mezzo con l’indicazione Coopsaca Gamboa, che per $0,35 ferma in corrispondenza del Miraflores Locks.

Il canale è lungo poco più di ottanta chilometri e collega l’oceano Pacifico all’Atlantico attraverso una serie di chiuse, quella di Miraflores è appunto la più vicina alla città. L’ascensore mi porta sulla terrazza proprio nel momento in cui una grossa nave carica di container è in transito, trainata da sei particolari locomotori. Ovazione di tutti i presenti nel momento in cui si aprono le grosse porte che permettono alla nave di passare da una conca all’altra della chiusa.

Prima di prepararmi a lasciare la capitale e lo stato decido di assaggiare uno dei piatti tipici più famosi, il sancocho, che altro non è che uno stufato di pollo e verdure.